giovedì 8 settembre 2011

Vittorio Cerruti

I
Oltre a fare un giudizio estetico sui componimenti che qui saranno criticati e analizzati, vorrei avvertire un fenomeno assai singolare che potrebbe riguardare una potenziale quantità di giovani poeti di nazionalità Italiana. Un'aria di patriottismo si sente nei versi che alcuni di questi giovani stanno generando con dedizione, coscienza estetica e nozione storico-letteraria. Il dato di fatto è che il carattere puro della tradizione letteraria Italiana si sta cominciando a valorizzare assai più di quanto un critico, o un lettore accorto, non avrebbe immaginato; e nel momento in cui parlo di una “tradizione letteraria Italiana pura”, mi riferisco a quella parte delle antologie che precede agli ispiratori diretti dell'ermetismo, ovvero l'opera di Eugenio Montale e Giuseppe Ungaretti.E' importante precisare che questo fenomeno ha la sua più diretta manifestazione in casi circoscritti, ma non assolutamente privi di valore. In questa circostanza i casi più noti finora afferrati sono quelli di Luca Cenacchi e Vittorio Cerruti.Non impressiona però il fatto che l'estetica di questi due artisti risulti propensa ad alcuni dissensi, pur trovando elementi comuni su molti altri aspetti. Luca Cenacchi, da una parte, esaspera gli elementi formali di una letteratura gloriosa a discapito della sincronia della lingua Italiana affermatasi dopo i processi di industrializzazione. Dall'altra parte, gli aspetti tematici che il poeta usa nella propria opera risultano essere in totale contrapposizione agli aspetti tematici inerenti alla poesia scritta negli ultimi 50 anni. Ed è su questo punto che converge il cammino dei due giovani. Il patriottismo che li lega  si genera come manifestazione di una curiosa contestazione. Essa può essere osservata attraverso la coscienza di un critico letterario - e da qui trovare una realtà visibile nell'esistenza di questi due poeti – oppure potrebbe essere analizzata in base a presupposti più vasti, legati direttamente allo studio della società e dell'economia. Ed è da questo contesto che finalmente il lettore potrà trarre un'idea specifica di quale sorta di creatura sia il cittadino italiano in tempi che determinano variati scontenti e mutamenti.

Curiosamente il patriottismo letterario in questione sembra essere molto più diverso di quanto non sia stato in precedenza. Se andiamo a indagare fenomeni di questo genere nella letteratura Italiana, possiamo realizzare l'esistenza di singoli casi in cui si presenta una letteratura di carattere patriottico, oppure si può rendere conto dell'esistenza di una generazione il cui stile si fonda su atteggiamenti propri di un periodo storico importante della nazione. Nel momento in cui si segnala una generazione di scrittori il cui patriottismo fu la principale fonte di creatività, si fa esplicito riferimento ai cosiddetti “poeti della rivolta”: una tradizione letteraria di protesta civile che ebbe la meglio in tempi pre e post unitari. E' proprio nei confronti di questa generazione che la poesia del Cenacchi e del Cerruti presenta una determinata contraddizione. In questo caso, i componimenti dei poeti in questione si legano, più che ad una letteratura di carattere risorgimentale, a una letteratura di carattere nazionalista.  La poesia di  Cenacchi può sembrare molto meno piena di caratteri nazionalisti  rispetto alla poesia di Cerruti. Difatti, nella poesia del primo vi è una presenza minore di elementi di carattere esplicitamente nazionalisti, convertendo la sua poesia in un'affermazione personale sulla superiorità che la letteratura Italiana esercita sulle altre letterature. D'altronde, per definire i caratteri della poesia di Cerruti, va fatto, invece, un riferimento diretto alle differenze stabilite tra la sua poetica e quelle che possono essere considerate poetiche simili o vicine. Per svolgere una differenziazione di questo tipo è necessario stabilire una ulteriore distinzione tra la nozione di patriottismo e quella di nazionalismo.


II
L'esigenza di illustrare una distinzione tra la diade patriottismo e nazionalismo ha la sua radice nella costante confusione che questi due concetti creano al momento di utilizzare una specifica terminologia. Infatti, al momento in cui la poesia di Cerruti viene presentata ad altri, essa è definita quanto “patriottica”, e non quanto “nazionalista”, che sarebbe il termine più adatto di questi due. Cerruti, ad esempio, afferma in prima persona il fatto che la sua formazione letteraria sia pienamente legata a due nomi: Gabriele D'annunzio e Arnaldo Fusinato. Proprio nel momento in cui l'autore affianca questi due nomi, egli ci ha dato la possibilità di fare la distinzione necessaria a questo specifico studio.Teoricamente la nozione del principio di nazionalità ha come base un'idea legata esclusivamente ad una consapevolezza dell'identità culturale e storica del proprio popolo. Da un punto di vista storico, questa consapevolezza ebbe la sua egemonia nella prima metà del XIX secolo, ispirando molte nazioni a compiere un'unità territoriale ed economica. Questa accezzione, a differenza della rispettiva nozione di nazionalismo, correla l'idea di nazione a idee precise come la libertà e la democrazia, fondando la principale finalità dell'azione patriottica - e cioè la formazione di una nazione - sulla volontà dei cittadini e sull'autonoma decisione dei popoli.Qui è necessario precisare come le principali distinzioni presenti tra le nozioni in studio sono assai note per la chiusura o l'apertura che un singolo popolo può avere nei confronti di altri popoli. Difatti, i principali poeti della tradizione patriottica dell'età unitaria condividono due ideali in comune: ideali di carattere repubblicano e democratico nel periodo preunitario e durante lo stesso periodo di unificazione, e ideali di carattere socialista nel periodo post unitario. Poeti rinomati di quest'epoca storica furono: Giosuè Carducci (proclamato “il maggior poeta civile dell'Italia unita), Eliodoro Lombardi, Giulio Uberti, Filippo Turati e molti altri. Esempio clamoroso, invece, della fede internazionalista di questi poeti furono i versi di Giulio Uberti quando, avvertendo la stanchezza delle lotte nazionali, proprio nella sua ode “Guido il volontario”, aprì una dichiarazione di pace e di fratellanza fra i popoli, dilatando così le aspirazioni ideali legate al concetto di umanità :


Perso o Giudeo – Turco o Bramino
Una è la meta, uno è il cammino!
Un sole istesso ci scalda – a tutti
Una è la terra che dà i suoi frutti.

A malincuore delle aspirazioni di carattere repubblicano e democratico, l'Italia venne formata in base a ordinamenti non consoni agli ideali originari dell'insurrezione Mazziniana. Ecco come la costituzione del 1861 dello stato nazionale unitario – dichiarato dinasticamente il “Regno d'Italia” - coincide significativamente con la crisi di quegli ideali guerrieri di cui abbiamo fatto riferimento. Così, nelle menti più sveglie delle vecchie generazioni e nelle menti delle generazioni avvenire questi valori sono stati ancora sostituiti da valori di pace, di giustizia e di solidarietà internazionale.
Dall'altra parte, il nazionalismo afferma la coscienza di un'altra idea di nazione, influenzando notevolmente le relazioni internazionali. Essa asserisce la consapevolezza della superiorità culturale e razziale del proprio popolo sugli altri ritenuti inferiori. Effettivamente, è così come le nazioni instaurano tra loro relazioni di chiara rivalità, destinando i propri rapporti a seguire indicazioni legate a leggi diverse a quelle dettate dal diritto internazionale.E'qui dove la poesia di Cerruti trova una sua piena identità. Pare che l'associazione tra la sua poesia e quella d'annunziana sia un elemento perfetto per spiegare certi procedimenti sia di carattere ideologico che estetico. Precisamente il nazionalismo in Italia agì innanzitutto su tre scenari in cui la partecipazione del vate ebbe un ruolo determinato: l'attuazione di politiche colonialiste, la propensione verso politiche interventiste nei confronti della prima guerra mondiale e la nascita del Fascismo.Nella fattispecie, il D'annunzio ebbe grande importanza in due di questi tre scenari: nell'interventismo e nella nascita del Fascismo. In questo caso, il nazionalismo e le sue derivanti pratiche ebbero una trasposizione letteraria che sembra essere molto più influente nell'opera di Cerruti: in prima istanza, lo stile letterario d'annunziano presenta sia procedimenti estetici sia atteggiamenti morali che ci spingono a legare l'opera del “vate” alla poesia del giovane.  “Nell'Alcyone”, ad esempio, il d'Annunzio presenta certe idee che indicano fortemente la sua propensione verso forme ideologiche reazionarie, totalmente contrapposte a quelle dei patrioti del risorgimento. Così, precisamente, nel componimento “La tregua”, in cui si rivolge esasperatamente a un “despota” (o maestro), la cui volontà deve essere sempre seguita. Qui ci si rivolge non solo alla forza umana d'un mandatario, ma anche alla forza energica d'una nazione che, attraverso la guerra, dovrebbe soggiogare in base alla propria superiorità:

Despota, andammo e combattemmo, sempre
fedeli al tuo comandamento. Vedi
che l'armi e i polsi eran di buone tempre


Eppure risulta evidente che dallo stesso Alcyone si manifesti, attraverso modi del tutto ironici, un sostanziale rifiuto verso la pace: elemento inutile all'affermazione dell'egemonia della proprianazione:
Pace, pace! La bella Simonetta
adorna del fugace emerocàllide
vagola senza scorta per le pallide
ripe cantando nova ballatetta.
Inoltre, nel componimento “Laus Vitae”, della raccolta “Maia”, il nazionalismo del d'Annunzio può essere ritrovato attraverso l'atto creativo che coinvolge gli “italici segni” - ovvero la scrittura in lingua Italiana - limitando, però, l'energia della superiorità nazionale al già noto “superomismo” e alla coscienza demiurgica:

/... /

della stirpe fertile in opre
e acerrima in armi, per entro
alle fortune degli evi
fermata in sillabe eterne;
parole corrotte da labbra
pestilenti d'ulceri tetre,
ammollite della balbuzie
senile, o italici segni,
rivendicarvi io seppi
nella vostra vergine gloria!

 I riferimenti continuano nelle opere successive. La retorica Cerrutiana dei seguenti versi serve ad emancipare le prossime idee:
Un fuoco ha bruciato l'odiosa bicefala, nulla rimane
Di quel vile augello; le nostre campane
Intonino gli inni d'Italia: Vittoria, Vittoria, Vittoria!
Il bel Tricolore si spiega sul nostro destino stamane,
Non più serpe d'acqua governa le rane.
La guerra che è giusta catene crudeli discioglie, la Gloria

Ci porta, siam liberi noi! Siam lupo di Fedro, non cane!
I corpi più forti, le menti più sane;
A passo di marcia, trionfanti, puniamo la perfida Storia:
Sei rea, sei malvagia, tu laida, sui cuori spingesti le frane.
Flagello di terre vicine e lontane,
Gli umili han vinto, dov'è tua truppa, non più fa baldoria?,
Questi versi, presenti nel componimento “Centocinquant' anni e novantatré”, sono utili a identificare una certa parte della poetica come una trasposizione attuale di ciò che, in alcune opere d'Annunziane, fu l'espressione del nazionalismo più esasperato del “vate” nei tempi del colonialismo e del interventismo.  Qui alcune strofe del “Canto augurale per la nazione eletta”, contenuto in “Elettra”:


Sopra quella discese precìpite l’aquila ardente,
la segnò con la palma.

Una speranza eroica vibrò nella mole possente.
Gli uomini dell’acciaio sentirono subitamente
levarsi nei cuori una fiamma.
Italia! Italia!

Così veda tu un giorno il mare latino coprirsi
di strage alla tua guerra
e per le tue corone piegarsi i tuoi lauri e i tuoi mirti,
o Sempre rinascente, o fiore di tutte le stirpi,
aroma di tutta la terra
Italia! Italia,
sacra alla nuova Aurora
con l’aratro e la prora!
D'altro canto, sia la personalità del Cerruti che quella del Cenacchi subiscono un male che grava fortemente sui versi composti: l'ansia di gloria. Siffatta ansia si rivela attraverso figure, temi e riferimenti legati direttamente a un'inquietudine Flubertiana: il creatore è assillato dall'idea dell'inferiorità dei tempi moderni rispetto a quelli passati e, proprio come alcune correnti romantiche, i giovani poeti  scoprono l'opportunità di “aprirsi ad una immaginazione
storica” collocando le loro ansie di gloria, grandezza e magnificenza nella qualità di epoche remote. Questa idea si affermò anche all'inizio del XX secolo, con la nascita del modernismo anglosassone; ma, in questo caso, la letteratura di questi due giovani non afferma soltanto le impressioni Flubertiane, ma anche una superiorità della lettere italiane nei confronti delle altre letterature. Ed è qui che le teorie nazionaliste non solo si applicano alla vita pubblica, ma anche alle concezioni storico – letterarie dei singoli. Difatti, l'armonia e il sublime ,che tanto siattribuiscono alle forme passate della letteratura italiana, vngono fedelmente ricercata nei propri componimenti. Da una parte il Cenacchi porta queste teorie verso forme di estrema accuratezza estetica;  dall'altra la poesia del Cerruti si manifesta molto più fedele a teorie ideologiche specifiche, usandole come centro essenziale del processo creativo che lo riguarda.


III

Prima di intraprendere un'analisi estetica dei componimenti del poeta in questione, dovrei presentare un'altra teoria sulla poesia dei giovani autori. La loro poesia può essere, effettivamente , una poesia “patriottica”. Tutto ciò però visto attraverso un'ottica che privilegia una lettura sul rapporto della poesia italiana con i mutamenti socio economici subiti negli ultimi sessant'anni.
E' un dato di fatto l'idea che la realtà contemporanea dimostri fenomeni assai curiosi. Essi gravano pesantemente sulla concezione problematica che cittadini e artisti hanno sulla nozione di nazionalità e sulla posizione dell'individuo nel mondo. Questi fenomeni possono essere presentati come risultato diretto di un processo di globalizzazione, dove l'individuo si immerge in un mondo in cui predomina una sorta di “Materialismo pratico”. Tanto è vero che la globalizzazione ha permesso all'uomo di dominare la naturalezza come mai lo aveva fatto prima. Questo dominio permette di soddisfare o meno una parte del globo attraverso metodi del tutto razionali e scientifici. Improvvisamente negli ultimi sessant'anni si è sviluppata una gran parte della tecnologia, permettendo all'individuo di comunicarsi in tempo reale e conoscere il mondo così come gli illuministi intendevano fare. Ed è qui che in realtà salta fuori il concetto pratico di “cosmopolitismo”, ovvero l'intenzione di essere “cittadini del mondo”.
Complessivamente, tale concetto nasce e si sviluppa a partire del giusnaturalismo, per così prendere forma successivamente attraverso ideali di natura illuminista, con una conseguente positivizzazione del diritto universale in particolari ordinamenti statuali applicati dopo la rivoluzione francese. Il concetto prende, finalmente, una totale universalizzazione attraverso la dichiarazione dei diritti dell'uomo, proclamati nel 1948 dalle Nazioni Unite. Così, i cosiddetti “cittadini del mondo” si rapporterebbero alle istituzioni internazionali in merito.
Ma il fenomeno globale che agisce direttamente sulle problematiche che interessano questo articolo sono più che altro di carattere economico. Quel che esattamente risentono i poeti contemporanei è la terza fase di un lungo periodo di rivoluzioni di carattere industriale. Questa fase cominciò nel 1945 e dura fino ai giorni nostri, influenzando ogni aspetto della nostra vita quotidiana. Qui la scienza diventa completamente un lavoro collettivo: il lavoro del singolo ha meno importanza e le innovazioni nascono da un lavoro di équipe. Nascono elementi come l'energia atomica, l'astronautica, i robot e, sopratutto, quelli elementi che, nei nostri tempi, influiscono gravemente sulle relazioni umane: le telecomunicazioni, il computer, l'internet, i cellulari, ecc. Dall'altra parte si presenta l'affermazione di monopoli e oligopoli a livello mondiale, provocando la globalizzazione delle multinazionali. E' qui dove , precisamente, l'azione “straniera” applica la sua influenza sulla nazione. L'operare delle multinazionali condiziona enormemente l'identità del cittadino nazionale cambiando completamente il suo modo di vivere e di osservare la realtà. La letteratura, dall'altro canto, riceve sempre più influenze esterne, cambiando così la sua forma originaria. Essa si trasforma, così, in una zona in cui un particolare connubio di tradizioni si integrano alle forme classiche della tradizione
etteraria Italiana. Parallelamente nasce tra i poeti una tradizione che evidenzia una maggior attenzione verso procedimenti estetici di carattere prosastico. Basta vedere la trasformazione subita dalla poesia di E. Montale o i volumi delle antologie dei “Poeti Italiani del secondo novecento”, a cura di Maurizio Cucchi e Stefano Giovanardi.

A questo punto risulta valida la visione dei poeti che vorrebbero rivendicare una certa grandezza della letteratura Italiana nei confronti di una “contaminazione” procurata dalle influenze straniere. Un'evidenza diretta di queste posizioni è reperibile in un'ode ispirata all'Adelchi, scritta dal poeta a cui questo studio è dedicato:


Straniere genti, questo sappiate bene:
Scorre un sangue d' amante nelle mie vene;
Devoto a una terra che voi dileggiate,
Per essa a fluire da me è 'si disposto,
Che voi, se mai toccaste, ardereste tosto
Poiché quanto sia fuoco voi ignorate.
La nascita del “nuovo patriottismo letterario”, sebbene presenta una certa quota di contraddizioni nei confronti dei poeti che cantarono all'unità e alla repubblica nel XIX secolo, instaura quello che dovrebbe essere necessario in un contesto culturale e letterario vivace, e cioè l'altra alternativa letteraria che, senza dubbio, deve esistere.


IV

E' necessario precisare che il nazionalismo dell'autore in questione - oppure patriottismo letterario, come si è teorizzato - non solo si esprime attraverso implicazioni di carattere ideologico. Difatti, esiste qualche componimento del Cerruti che trascende la propria coscienza nazionale dell'autore per così arrivare alla manifestazione di una bellezza non percepibile nei componimenti strettamente ideologici; e per componimenti strettamente ideologici intendo, “L'ode ispirata all'Adelchi”, “ Famagosta 4 agosto 1571”, “Centocinquant' anni e novantatré” e “ Il sestante”. E' in base a questa distinzione che si definisce la qualità estetica dei componimenti in questione. E credo che per questo bisogna determinare alcune precisazioni in quanto all'utilizzo della poesia nella promozione di determinati ideali o specifiche ideologiche. Questo servirebbe non solo alla lettura della poesia del Cerruti, ma anche al giudizio di intere correnti letterarie e procedimenti estetici imposti da specifici regimi totalitari.L'impegno a cui tanto fa ricorso il Cerruti non è adatto al linguaggio della poesia. E questo si può anche notare nell'opera del D'annunzio. La posizione consiste in certificare che la trasposizione poetica di certe ideologie – senza dare importanza alla loro natura – non è tanto efficace quando la trasposizione prosastica delle stesse. Qui l'autore potrebbe argomentare le proprie scelte in base a particolari elezioni estetiche legate all'esistenza di casi simili nella letteratura Italiana. E potrebbe aver ragione. Cerruti non è l'unico che ha eseguito lo stesso procedimento. Esiste una grande cultura letteraria che ha intrapreso la stessa strada di Vittorio Cerruti. Ma l'amore per la patria e la coscienza di superiorità della propria nazione non sono elementi che qualificano inevitabilmente in modo positivo il lavoro di un artista. Le intenzioni, in questo caso, non sono il materiale essenziale per svolgere un giudizio estetico. Sono solo i componimenti ciò che dà al lettore l'impressione di essere di fronte a materiale di qualità, e non gli ideali del soggetto che ha creato tale materiale. Precisamente da questo presupposto nasce l'idea che l'arte “impegnata” del Cerruti sia meno qualitativa e abbia meno valore di quanto non lo abbia quella poesia “disimpegnata” e molto più propensa alla contemplazione dello stesso autore. Qui è necessario prestare un po' di attenzione alle mie parole. Il fatto che certa poesia del Cerruti sia meno qualitativa di quanto pare non significa che non sia valida o necessaria allo scenario culturale dei giovani poeti Italiani. Quest'ultima sezione dell'articolo ha obiettivi diversi di quelli precedenti, ed è giusto rispettarli. La differenza che nasce tra le caratteristiche dei componimenti scritti dall'autore a cui questo studio è dedicato potrebbe essere parallelo alla differenza tra componimenti Dannunziani quali il “Canto augurale per la nazione eletta” e “la pioggia nel pineto” o “Innanzi l'alba”. Tale differenza, come si è menzionato in precedenza, fonda la propria esistenza in base al ruolo dell'impegno e del disimpegno nella poesia. Certi studiosi della letteratura, com'è il caso del filosofo Francese Jean–Paul Sartre, fanno una grande distinzione tra l'atto di infondere energia sul linguaggio - come sostengono alcuni poeti - e l'atto di riempire il linguaggio di significati. Il poeta infonde una grande quantità di energia sul linguaggio e limita la presenza di significato nelle parole. Il predominio del significato, scrive Sartre, si dovrebbe presentare più intensamente nella prosa che nella poesia:

«Non si dipingono i significati, non si mettono in musica; chi oserebbe, stando così le cose, esigere dal pittore o dal musicista che si impegnino? Lo scrittore, invece, ha a che fare con i significati. Ma va fatta un'altra distinzione: il regno dei segni è la prosa; la poesia sta insieme con la pittura, la scultura, la musica.»
In questo caso si potrebbe affiancare la poesia impegnata del Cerruti alla poesia fortemente impegnata delle avanguardie, oppure a tutta l'arte popolare del realismo socialista. Ed è qui che si crea un'altra distinzione tra la poesia del Cerruti e quella del Cenacchi. In effetti, Luca Cenacchi non è un poeta impegnato, pur essendo membro illustre del circolo patriottico di giovanissimi poeti Italiani. Il patriottismo del Cenacchi è del tutto circoscritto agli aspetti letterari della tradizione poetica Italiana. La poesia del Cenacchi, a differenza di quella del Cerruti, non dà spazio ad aspetti ideologici. Il suo neoclassicismo è lontano dal romanticismo e dal decadentismo di Vittorio Cerruti. E questo concerne aspetti espressivi che, nella poesia impegnata del Cerruti, non si presentano. L'atto creativo di Luca Cenacchi fa sì che si instauri, tra la parola e la cosa significata, un “doppio rapporto reciproco di rassomiglianza magica e di significato” e cioè un equilibrio tra poesia e il significato stesso. Ecco come si presenta il gran problema della poesia del Cerruti: i suoi ideali hanno, in queste circostanze, più importanza della poesia stessa.

Ma limitare il Cerruti alla sola espressione d'una determinata ideologica sarebbe commettere un grave errore analitico. Esistono componimenti quali, “ Tu prova a strappare il germoglio”, “ Ode alla Cattedrale di Nantes” e “ L' Eterna Partenza” in cui si presenta tale l'equilibrio generato dal rapporto tra poesia e significato. Risulta notevole, ad esempio, il compito contemplativo e la grande forza espressiva del componimento “Tu trova a strappare il germoglio”, composto da due strofe di dodici versi ognuno. Ecco qui la prima strofe di dodici versi:

Tu prova a strappare il germoglio
Dell' umile basilico, via
Dalla sua aspra terra ligure,
Prova a impiantarlo in altro loco:
Nelle dolci colline ai piedi
Dell' elevata Alpe maestosa,
In lombarde piane del Pado,
Nei felici campi di Marca,
All' ombra degli umbri rilievi,
Per le vaste Murge àpule
Oppur presso l'Etna rovente,
Nulla otterai che non sia menta.
D'altronde i procedimenti espressivi del genere non si limitano soltanto a questo componimento. Sembra quasi che il poeta, nel componimento “Ode alla cattedrale di Nantes”, scopra, prima di tutto, una caratteristica speciale che precede i significati e permette di creare una specifica armonia tra immagine e musicalità:
Nantes, dell'organo il canto,
Si levano bianchi pilastri:
Mirano il loco santo
Le luci mie in tali pii fasti.

Nantes, dei popoli il pianto,
Volti duri come i pilastri.
Di tutti il cuore infranto
Non legano più gordian nastri!

E il fatto di rendere semplice e, allo stesso tempo, tanto complesso quanto il sentimento stesso, sensi legati al dubbio del destino della propria esistenza e dell'insostenibilità del presente, si evidenzia nell'ultima quartina del componimento “L'eterna partenza”:

E' l'Eterna Partenza, umana pena;
Un decadente Sol su noi s' infiamma:
Vero si torna non un palmo appena,
Chi in retro move, sprofonda nel dramma.

V
Per finalizzare l'articolo concernente la poesia di Vittorio Cerruti è necessario precisare elementi determinanti. L'autore del presente articolo, pur non condividendo certe ideologie e concezioni della nazionalità, ha tentato di svolgere uno studio obiettivo delle componenti citate. I giudizi personali hanno toccato solo e inevitabilmente l'analisi estetico del processo creativo in questione. D'altronde, continuo a ritenere importante l'esistenza di certe poetiche come alternativa a tutto ciò che domina nello scenario letterario Italiano; senza, però, dichiarare l'intenzione di generare un nuovo predominio di specifiche poetiche e concreti strumenti espressivi. Il mio compito non è altro che garantire, creare e diffondere una situazione più variata e propensa alla dialettica ricca di esiti per la vita culturale 

Yerko Andres Sermini.