venerdì 16 marzo 2012

Breve trattazione di Personae, Lustra e Ripostes, di Ezra Pound


I

Trattare la figura di Ezra Pound – al di fuori delle polemiche di carattere ideologico – è toccare uno dei punti centrali del panorama culturale del già andato ventesimo secolo. Questo non soltanto mercé della sua attività poetica, ma anche della capacità lodevole con cui esercitò sia un lavoro di teorizzazione estetica sui principi fondamentali della poesia occidentale, sia in base alla attività promotrice nel rispetto delle figure dominanti dello scenario poetico che gli è toccato contemplare. Difatti molti degli amanti della poesia novecentesca tendono ad apprezzare più il suo lavoro critico, presente nella raccolta “Literary Essays of Ezra Pound” (Saggi Letterari – Aldo Garzanti Editore, 1957. Traduzione di Nemi d'Agostino), a cura dello stesso T.S. Eliot, che la sì tanto celebre opera “The Cantos”, ricca di elogi posti da parte degli amanti della tanto nota metodologia sperimentale caratterizzante la poesia prodotta soprattutto nella prima metà del novecento.

Tuttavia la verità riguardante il lavoro poetico dell'autore Americano è che la sua opera poetica non va ridotta ai “Cantos”, ma deve essere estesa ad una prospettiva assai più larga delle prospettive proprie dell'opera sperimentale, fino a ridare all'opera del poeta un carattere dinamico. In effetti la teorizzazione critica effettuata dal Pound (che non è altro, su molti aspetti, che un novero non tanto esiguo di consigli ai poeti della sua generazione) si esibisce come nucleo principale dell'esercizio estetico che il poeta ha posto in essere in tre delle opere anteriori ai “Cantos”: “Personae” (1908-1910), Ripostes (1912) e “Lustra” (1916). Ecco come, di primo acchito, la differenza presente in una determinata evoluzione dell'opera Poundiana appare netta: nelle tre opere appena elencate, Pound risulta essere un vero e proprio tradizionalista dentro i limiti della letteratura in lingua inglese: erede delle virtù dell'età vittoriana (Browning e Swinburne), tardo vittoriana (Johnson e Dowson), e post vittoriana (Hardy, Yeats e Symons).
E' proprio sulla base di questi presupposti e nella fedeltà pressoché massima verso il rispetto di questi principi che si costruisce la poetica inerente a “Personae”. Quest'opera si costituisce come il tentativo di riprendere ciò che, in precedenza, e attenendosi alle proprie affermazioni di quanto espresso nella sua attività critica, cioè precisando circostanze riguardanti l'evolversi delle anteriori tradizioni letterarie, era stato costruito in maniera lucida e ragionevole:

« Il ritorno alle origini rinvigorisce perché è un ritorno alla natura e alla ragione. L'uomo che ritorna alle origini lo fa in quanto desidera comportarsi in quel modo che è eternamente ragionevole. Cioè in modo naturale, intuitivo, conforme alla ragione. Egli non desidera fare la cosa giusta nel momento sbagliato, coprire un bue di bardature, come dice Dante. Non vuole pedagogia, ma armonia, la cosa che è a tono.»

Ecco come appare innanzi alla coscienza del critico, e del lettore sveglio e curioso, la domanda principale di questo momento nell'opera di Pound: cosa è la tradizione? La risposta è, nel cerchio riguardante le concezioni Poundiane, facilmente reperibili. Infatti, nella sua opera teorica cenni specifici esistono. Da una parte, il Pound definisce la tradizione come “una bellezza che noi conserviamo, e non una serie di catene che ci leghino”. Tuttavia tale definizione, rispetto all'analisi della lirica qui messa in studio, non appaga le esigenze poste in forza dell'attività poetica dell'autore. Così riesce ad essere più efficace la definizione esemplificativa per cui «Le due grandi tradizioni liriche che più ci interessano sono quella dei poeti Melici e quella di Provenza. Di cui dalla prima sorse praticamente tutta la poesia del “mondo antico”, dalla seconda, praticamente, tutta la poesia del “mondo moderno”». Ma le letture non si riducono a questa dicotomia. I consigli di Pound precisano, in saggi successivi a “La tradizione” (Poetry, III, 3 – diciembre 1913), un novero di letture che specificano i concetti di “mondo antico” e “mondo moderno”. Nel saggio “Come bisogna leggere” (New York Herald, “books” - 1927 o 1928) Pound istituisce una classificazione che, secondo lui, dovrebbe aiutare i poeti a modellare il proprio stile, e che, in una certa misura, aiuterebbe a modellare la propria poetica esordiente. La classificazione si traccia nella funzione che gli autori hanno ricoperto nell'evoluzione delle lettere universali. Ecco come si dà importanza a “gli inventori”, e cioè uomini che hanno scoperto un particolare procedimento, o più di un modo e procedimento (Arnaut Daniel e Guido Cavalcanti); “i maestri”, classe limitatissima, usato propriamente per gli inventori che, a parte le loro proprie invenzioni, sono capaci di assimilare e coordinare una gran quantità di invenzioni precedenti; ”I diluitori”: coloro che si mettono al seguito degli inventori o dei “grandi scrittori”, e che producono qualcosa di di minore intensità qualche variante più fiacca, qualche ridondanza o tumidità nella scia dell'opera valida; una classe “innominata”, a cui appartiene la gran massa di tutta la letteratura , e cioè gli uomini che fanno più o meno un buon lavoro un buon lavoro nello stile più o meno buono di un periodo. Eseguire una scelta rigorosa tra questi è questione di mero gusto: perché si preferisce Wyatt a Donne, Donne a Herrick, Drummond di Hawthornden a Brown? Per una simpatia puramente privata. Questi non esistono in sé, ma il loro ambiente conferisce loro un'esistenza: “Quando sono estremamente prolifici, danno luogo a casi dubbi come un virgilio e un Petrarca, che probabilmente, fra i meno esigenti, passano per colossi”; un novero chiamato “Belles Lettres, a cui appartiene Longo, Prévost, Constant, che sono non esattamente “grandi maestri”, ma che hanno portato nondimeno qualche modo espressivo ad un altissimo sviluppo; e vi è una classe sesta o supplementare di scrittori , gli iniziatori di manie; i Gongora, i McPherson ossianici.

Specificatamente la poetica Poundiana degli esordi si incentra su una diretta azione creativa che ispira il proprio andamento sulle prime tre categorie presentate. La tradizione e l'innovazione presentata da determinati autori di grande rilievo letterario hanno permesso che gran parte del contenuto di “Personae”, ma anche di “Ripostes”, fosse di gran lunga vicina ad una specifica concezione sullo stile. Esempio chiaro di questa rappresentanza è il componimento “The tree”, che in maniera curiosa (data la vicinanza tra i metodi utilizzati da determinate tradizioni e i procedimenti usati dall'autore in questione) presta elementi panistici propri del tardo ottocento:

I stood still and was a tree amid the wood,
Knowing the truth of things unseen before;
Of Daphne and the laurel bow
And that god-feasting couple old
that grew elm-oak amid the wold.
'Twas not until the gods had been
Kindly entreated, and been brought within
Unto the hearth of their heart's home
That they might do this wonder thing;
Nathless I have been a tree amid the wood
And many a new thing understood
That was rank folly to my head before.

In questo caso, le discrepanze non mancano. Il Pound, sia in “Personae” che in “Lustra”, arricchisce le proprie opere di un'aria satirica e persino ideologicamente carica di esasperazione per le esigenze dell'epoca. E ' questo il caso del componimento “Sestina: Altaforte”:

The man who fears war and squats opposing 

My words for stour, hath no blood of crimson 

But is fit only to rot in womanish peace 

Far from where worth's won and the swords clash 
For the death of such sluts I go rejoicing; 
Yea, I fill all the air with my music. 



E' necessario, dall'altra parte, e prima di arrivare a trattare brevemente i cambiamenti presenti in “Lustra”, creare un paragone tra il cambiamento espressivo nell'opera di Pound e il carattere correlativo generato tra esso e il cambiamento espressivo nell'opera di W.B. Yeats. Yeats, sotto la spinta dello stesso Pound, sacrifica il proprio lirismo ad un'agile giustapposizione tra il poetico e il prosastico. Questa giustapposizione non è quella che percepiamo nella tipica letteratura americana di Lee Masters o quella che caratterizza il secondo novecento Italiano (Montale - Diario del 71 e del 72), ma risulta essere molto più lirica di quanto non lo sia negli esempi appena elencati . Ecco come le sottigliezze di questa giustapposizione rientrano nel fascino presente nel componimento “Francesca”:

You came in out of the night
And there were flowers in your hand,
Now you will come out of a confusion of people,
Out of a turmoil of speech about you.
I who have seen you amid the primal things
Was angry when they spoke your name
IN ordinary places.
I would that the cool waves might flow over my mind,
And that the world should dry as a dead leaf,
Or as a dandelion see-pod and be swept away,
So that I might find you again,
Alone.

In Lustra, Pound estremizza le componenti satiriche e ironiche già presenti nelle altre opere, chiudendo la separazione che si provoca tra i tratti caratteristici delle prime opere, e le scelte riguardanti la costruzione dei “Cantos”. Difatti, l'autore apre la raccolta con un componimento (Tenzone – 1916) che presume i rischi che tale scelta stilistica e contenutistica potrà ripercuotere nell'ambiente letterario di allora:

Will people accept them?

(i.e. these songs).

As a timorous wench from a centaur

(or a centurion),
Already they flee, howling in terror.

Will they be touched with the verisimilitudes?
Their virgin stupidity is untemptable.
I beg you, my friendly critics,
Do not set about to procure me an audience.

I mate with my free kind upon the crags;
the hidden recesses
Have heard the echo ofmy heels,
in the cool light,
in the darkness.



II

E' proprio a questo punto della trattazione che sorgono le problematiche legate ai contrasti tra ciò che concerne la natura delle opere appena elencate e la teorizzazione del modernismo appartenente all'opera dell'autore in parola. Prima di esibire tale contrasto, è necessario precisare cosa si intenda per “tradizione poetica”, a seconda delle teorie presentate dallo stesso Pound (esigenza già appagata in precedenza) e cosa invece si intenda per “modernismo”, a seconda delle formulazioni critiche ricavate dalle opere di autori apparentemente appartenenti a tale corrente.
Per quanto concerne il “modernismo” possiamo, ancora in maniera assai abbreviata, intendere la sua natura attraverso una determinata differenziazione dalle concezioni che i movimenti letterari appartenenti all'avanguardia hanno sul ruolo dell'innovazione. Il modernismo, a differenza dell'avanguardia, crea opere particolarmente innovative, che influenzano successive generazioni, ma complessivamente la loro estraneazione nei confronti della cultura contemporanea , e la paura di perdere le fondamenta della tradizione artistica li ha indotti a cercare – anche all'interno delle loro stesse innovazioni – di sostenere la tradizione alta dell'arte. “Una tradizione che avrebbe trasceso o svalutato il mutamento apparentemente disgregante della società e della storia, che acuiva la sensazione della loro modernità.
Dall'altra parte l'avanguardia è rappresentata da scrittori e movimenti tutti concordi nel trovare la tradizione artistica e la cultura alta eccessivamente limitative rispetto alla loro ansia di dichiararsi all'avanguardia di una cultura radicalmente nuova. Ed è proprio qui che Pound, e maggior parte del modernismo, trova il punto cardine delle proprie contraddizioni: se ci atteniamo alla definizione comparativa appena accennata, e prendiamo in considerazione la natura dei “CANTOS”, applicazione poetica dei principi contenuti nel “Make it new” (Londra, 1934), ci rendiamo conto che la vera forma poetica che si attiene fedelmente alle concezioni appena accennate di modernismo solo quelle presenti nelle tre opere qui studiate. D'altronde, se questa affermazione fosse poco precisa, si tratterebbe di una dimostrazione del fatto che il modernismo Poundiano non esiste rispetto all'atteggiamento che i poeti modernisti dovrebbero avere rispetto alla tradizione. Basta leggere i “Cantos”, e ci si rende conto di quanto le opere qui studiate siano più vicine al modernismo teorizzato dalla critica.   


Yerko Andres Sermini

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