mercoledì 1 settembre 2010

Olive Kitteridge: lo specchio di un mondo.

Chi direbbe che una vecchia e infelice professoressa di matematica sarebbe stata la portavoce del dolore che solo gli Americani possono provare? Oppure che la voce di questo essere cosi severo, ma attento e spesso generoso, sarebbe stata la conferma dell’efficienza della letteratura americana? Trovare almeno un po' di dolcezza nella lettere nordamericane contemporanee è un caso quasi impossibile. Soltanto la profonda sensibilità femminile poteva fare la differenza dentro un contesto sempre influenzato dalla sperimentazione e dal minimalismo tragicamente volgare. Olive Kitteridge (Elizabeth Strout - Editore Fazi, collona Le strade) non è altro che una linea divisoria che separa l’amarezza totale dall’amarezza accompagnata da una tenerezza femminile unica.
La Strout struttura un “romanzo in racconti”che sono legati alla rappresentativa figura di Olive Kitteridge, professoressa in pensione e uno dei tanti abitanti di Crosby, cittadina del Maine: un luogo futile che tuttavia, grazie alla sottile lama dello sguardo dell’autrice, diviene lo specchio di un mondo più ampio e simbolico. E’ in questo contesto che il mondo intero si scopre agli occhi del lettore: un farmacista cattolica, una pianista alcolizzata dalla propria solitudine e un podologo depresso pronto a sposarsi sono alcuni dei personaggi che formano le esperienze di questo fresco romanzo.
La maggior parte delle storie attivano una specie di meraviglia spontanea e dolorosa. La vasta gamma di esperienze lascia, nel lettore, un sapore anziché una mera impressione trasformando la Lettura del romanzo in una azione culinaria più che letteraria. Qui ogni storia provoca nel recettore quella che sarebbe, probabilmente, la formula del successo totale: l’identificazione, la luce negli occhi dei personaggi, i loro volti ordinari e la loro complessità emotiva spinge ,ogni lettore, a trasformarsi in colui che occupa la sua stessa posizione.
Olive kitteridge è, ancora una volta, una grande dimostrazione del fatto che solo gli americani possono fare i propri autoritratti. Il romanzo rammenta la grande eredità del secolo: un ambiente molto simile a quello descrito da Reymond Carver nei suoi racconti e a quello rappresentato da Edwuard Hopper nei suoi dipinti.
E’ così che la tradizione letteraria e la femminilità di Strout rendono il romanzo una deliziosa analisi dell’umano. Resta solo da segnalare il merito che Straut ha avuto nel ricevere il premio pulizer per il romanzo. Non è difficile riconoscere che la scrittrice merita di essere al fianco di nomi quali: Hernest Hemingway, William Faulkner, Richard Ford, Philip Roth e Cormac McCarthy. Eppure niente, neanche premi ed elogi potranno compararsi alla sensazione che Olive kitteridge ha provocato. In fine, il maggior encomio, non è altro che provare brividi e dolore ogni volta che una frase del romanzo viene assaggiata.

Yerko Andres Sermini

Nessun commento:

Posta un commento