giovedì 2 settembre 2010

Pablo Neruda / Al di là del sonet.


Ecco qui una decina di parole chiavi: mattone, sgocciolatura, grappolo, susina, pioggerella, creda, trifoglio, brina, innaffiare, tubature, sellaio e gorgheggiare. Queste sono alcune delle espressioni che ho segnato dietro l'edizione “Passigli” dei “Cento sonetti d'amore” scritti dal premio Nobel per la letteratura Pablo Neruda. I termini segnalati sono, essenzialmente, un insieme di orme che invocano certe immagini del mio passato: le pericolose susine che cadevano dall'albero nell'estate, le fastidiose sgocciolature che si presentavano in inverno e bagnavano casa mia quasi nella sua totalità, l'immagine di mio padre impegnato ad innaffiare l'erba del nostro accurato giardino posteriore che è tesoro di ogni famiglia della zona centrale cilena. Ora ,il mio obbiettivo centrale, non è fare esibizione di alcuni termini che hanno marcato la mia scarsa “identità patriottica”, ma quello di ampliare i confini tematici di quello che è, precisamente, l'opera di uno dei poeti più importanti della storia dell'America latina; perché Neruda non è solo un artista che, attraverso il suo pugno, ha frammentato “l'amore” in versi sublimi, ma qualcosa di superiore a quella figura “affermata”: un poeta civile, creatore di coscienza nazionale e, soprattutto, di coscienza latino-americana. Nonostante i dettagli l'amore è, soprattutto, la tematica principale di quest'opera raffinata, talora impulsiva, surreale, vasta di immagini alquanto illogiche ma eccelse e d'una bellezza logicamente sprizzata della costante assoluta della poesia d'amore Nerudiana: il sentimento. Lo stesso Neruda riconobbe questo fatto nel momento in cui proferì il suo discorso per il Nobel a Stoccolma, il 21 ottobre 1971: « […] penso che la poesia sia un'azione passeggera o solenne in cui entrano in pari misura la solitudine e la solidarietà, il sentimento e l'azione, l'intimità dell'individuo, l'intimità dell'uomo e la segreta rivelazione della natura». Anzi, la poesia Nerudiana, persino nella sua manifestazione propagandista, prende l'intensità della andatura di un fiume che trascina tutte queste componenti. In questo caso, l'incontro con quella che sarebbe la sua compagna di vita, Matilde Urrutia, provoca la nascita di versi che, seguendo un cristallino e rumoroso fluido, arrivano sia al percorso attraverso un “infinito immaginario” che ad indicare nuove strade al sonetto; egli lo costruisce, infatti, con endecasillabi privi di rima.
Nel libro risalta un'altra particolarità, la divisione dei sonetti in sezioni corrispondenti alle fasi del giorno: mattino, mezzogiorno, sera e notte. Questa è una divisione simbolica che illustra una certa traiettoria dell'animo. L'amore si presenta attraverso uno stato di grazia e preoccupazioni intime. I versi del primo gruppo, ad esempio, esprimono una condizione felice. Matilde diviene la quintessenza di ciò che Neruda considera “il valore positivo assoluto” e così, allo stesso tempo, si accende quel fluido di immagini che tanto caratterizza la poesia Nerudiana:

« Vedrò sul ramo la tua capigliatura,
il tuo segno che matura nel fogliame,
che avvicina le foglie alla mia sete,

la mia bocca empirà la tua sostanza,
il bacio che ascese dalla terra
col tuo sangue di frutto innamorato.»

Nel gruppo di sonetti riuniti nel resto delle sezioni l'animo del poeta accentua un carattere riflessivo e triste. Nicanor Parra, celeberrimo poeta Cileno, riferì su Neruda : « (…) è chiaro che in questi tempi bisogna imparare a ridere quanto gli antipoeti! Ma è anche necessario piangere ancora, come lo fecce Neruda.»Da qui la denominata “Poesia di lacrime”:

«Di pena in pena attraversa le sue isole l'amore
e stabilisce radici che poi irriga il pianto,
e nessuno può, nessuno può evadere i passi
del cuore che corre silenzioso e carnivoro.»

Un dettaglio preciso è anche la sua amicizia con i pittori Diego Rivera e Frida Kahlo i quali hanno influenzato marcatamente il processo creativo di quest'opera: da una parte si realizza la passione per la propria terra dimostrata nelle opere di Rivera, dall'altra una certa espressione legata al dolore metafisico e alle opere della Kahlo. Neruda, dopo tutto, non fu mai un poeta-intellettuale;si servì della propria natura e della profondità dei suoi sentimenti per creare quello che è, senza dubbi, il lavoro di un vero e proprio artigiano dell'immagine. Infatti egli non formula una quantità specifica di riflessioni, ma crea una quantità illimitata di figure. Così la piuma si trasforma in un gran pennello che, con maestosità, dipinge clementi e deliziose pitture esibite soltanto nell'interiore del nostro immaginario collettivo. Questo, sinceramente, è troppo significativo per essere di un artista che “tutti” conoscono, ma che pochi sanno apprezzare nella sua totalità.


Yerko Andres Sermini

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